giovedì 21 agosto 2008

Becco di Filadonna

Racconto della nostra escursione del 19 Agosto dal Passo della Fricca al Becco di Filadonna per il versante est, rifugio Casarota.
Autore: Pippo.

Lasciamo il campo base di Carbonare prima delle 8.00 e dopo una breve sosta per rifornirci di pane e affettati puntiamo sul Passo della Fricca, siamo io, Dalla e Pego.
Becco di Filadonna

Parcheggiamo dietro al ristorante Sindech (1080) e mentre ci prepariamo per la partenza iniziano i primi inconvenienti, la borraccia di Pego perde acqua e ha semi allagato lo zaino.
Dopo qualche titubanza Dalla e Pego decidono di salire con uno zaino in due, io sono perplesso ma li lascio fare.
Attacchiamo il sentiero alle 8.30 e la serata di bagordi a casa del Dalla si fa subito sentire insieme alla mancanza di una colazione seria; la salita nel bosco è davvero dura e dopo un po' io ho già bisogno di una pausa cioccolato.
Da segnalare l'ordinanza comunale che impone la chiusura del sentiero in caso di pioggia per problemi di scarsa tenuta del terreno e conseguente caduta di materiali.
Camminiamo nel bosco per un'ora fino a raggiungere alle 9.30 il rifugio Casarota (1570), qui inaspettatamente incontriamo un'amica (Elena) e mangiamo un'ottima fetta di strudel, il tempo è ottimo ed il morale alto, Pego adocchia una ragazza che sta salendo ma si fa convinto che sia in compagnia del suo boyfriend e si demoralizza subito.
Si riparte prendendo la costa del monte e rimanendo ancora per un tratto all'ombra dei pini finchè non si inizia ad affacciarsi su uno scenario completamente diverso. La vegetazione si interrompe di colpo e lascia spazio ad una distesa di scheletri sbiancati, risultato di un grande incendio che nel 2002 ha devastato le pendici est del Becco; la sensazione di desolazione è forte e ci accompagna per il resto dell'ascesa fino allo spartiacque dove l'incendio è stato fermato.
Nell'ultimo tratto di salita dura ci consoliamo osservando prima una coppia di camosci che prendono il sole su uno sperone di roccia, poi un altro che scende di corsa per un ghiaione alla nostra destra.
Raggiunta la cresta ci affacciamo sorpresi su una vasta alpe verdeggiante e ammiriamo il panorama che si apre vasto davanti a noi, dal rifugio abbiamo impiegato meno di un'ora ad arrivare fin qui, il sentiero è duro ma non pericoloso.
Prendiamo quindi a destra per coprire l'ultimo tratto che ci separa dalla vetta continuando ad ammirare il panorama alla nostra sinistra, poco più avanti incrociamo il sentiero che sale da Folgaria per poi raggiungere la biforcazione che a destra porta al Becco di Filadonna, a sinistra a cima Vigolana e all'omonimo bivacco.
In breve siamo alla croce di ferro posta su una piccola spianata appena sotto la vetta del Becco, sono le 11.00, quindi siamo saliti in 2 ore e mezza soste comprese, ci gustiamo il panorama sulle vette circostanti (da notare la "Madonnina", caratteristica guglia appena sotto la Vigolana) e sulla Val d'Adige, poi ci spostiamo sulla vetta vera e propria cercando un po' di tranquillità.
Mangiamo ammirando lo splendido panorama che si apre a 360 gradi, si vede la Val d'Astico, l'altopiano di Lavarone e La Val d'Adige (Trento) anche se una nuvola insistente ci copre la zona di Caldonazzo, lontane cime spuntano dal mare bianco.
Cosa potrebbe succedere a questo punto per rendere più felice un montanaro? L'arrivo di una donna naturalmente! Ed ecco infatti la ragazza per cui Pego aveva perso la testa al rifugio apparire nella zona della croce con un'amica e senza l'ombra del boyfriend!
Restiamo a lungo ad ammirare Pego che ammira questa femmina rossa di pelo finchè ad un certo momento le due donne si alzano, si incamminano e spariscono alla vista.
La delusione dura poco perchè alcuni istanti dopo un rossa criniera appare in salita verso la vetta dove siamo accampati, Pego è di fronte alla sua occasione migliore per approcciare il suo amore, le ragazze infatti si trovano un attimo in difficoltà nel superare una roccia a pochi passi da noi, tanto che una delle due decide di aggirarla, ma Pego vinto dalla timidezza rinuncia a fare il cavaliere.
Un po' abbacchiati facciamo i bagagli e ripartiamo, passiamo per la sommità vera e propria (2150) dove si vedono alcune targhe murate nella roccia e, salutate timidamente le fanciulle prendiamo la via del ritorno.
Scendendo decidiamo di variare il percorso seguendo per un lungo tratto la cresta che dal Becco prosegue con la Terza e la Seconda cima per poi terminare con il Cornetto.
Partiamo convinti di dover affrontare un tratto pianeggiante di cresta ma ben presto ci accorgiamo dell'errore, la salita alla terza cima (2025), su uno stretto sentiero tra i mughi, è breve ma dura, impressionante la frana che si è staccata dal lato est lasciando un enorme squarcio sul fianco della montagna.
Si scende e si risale alla Seconda Cima (1995) sempre con un gran panorama sulle valli dell'Adige e dell'Astico, per poi svoltare a sinistra a metà strada tra Seconda Cima e Cornetto per il sentiero 439 che porta al Passo della Fricca.
Il primo tratto di discesa è ripido e strettissimo, nonchè fitto di vegetazione, rimane così fino al Pralongo.
Al limite inferiore del Pralongo inizia il bosco, qui Pego avvista il solito serpentello (mi raccomando pantaloni lunghi e calzettoni!), la discesa è sempre ripida ma si fa sempre più abbordabile, il sentiero comincia ad essere veramente ben tenuto, il tracciato è stato completamente rivisto e sistemato e sono state installate delle tavole con panchine.
Scendiamo fino al Baito tre Avezi dove facciamo una piccola sosta, Pego ha un problema muscolare che lo rallenta e deve essere a valle entro sera par andare a lavorare in pizzeria. Poco dopo decido quindi di scendere di corsa, andare a recuperare l'auto e tornare a prendere i due compagni di gita che mi aspetteranno sulla strada.
Il sentiero sbuca appena fuori dalla galleria stradale sul lato del Passo, mi faccio il tratto di strada fino al Sindech e poi torno in auto a prendere gli altri, nonostante il lungo giro siamo scesi in circa 2 ore; in pochi minuti siamo a carbonare dove ci attende una meritata pennichella.

Guarda la Galleria di Fotografie per una guida illustrata.

mercoledì 13 agosto 2008

Pasubio - Col Santo

Racconto della nostra escursione del 3 Agosto dal Passo della Borcola al Col Santo per il Sentiero Europeo 5, Sogli Bianchi, Val Gulva, Alpe Pozze, Rifugio V. Lancia.
Autore: Masa.

Il ritrovo è fissato per le 8 (....) a casa mia di domenica: i partecipanti sono il sottoscritto, Frn e Pippo.
Pasubio - Col Santo

Il sole sembra promettere di accompagnarci nell'impegnativa escursione che ci prestiamo ad affrontare: salire al rif. Lancia, all'Alpe Pozze, un suggestivo altipiano che caratterizza il lato nord del massiccio pasubiano.
Ovviamente, dobbiamo provvedere al nostro sostentamento; optiamo così per una sosta in uno dei pochi negozi aperti la domenica mattina a Meda, dove facciamo la simpatica conoscenza con una gentile commessa che senza molti scrupoli, ci affibbia più affettato del dovuto (“Sono stata un po' gagliarda....”). Digeriamo questo boccone amaro, consolandoci con i Creedence Clearwater Revival e una veloce colazione a Posina, per poi dirigerci verso il passo della Borcola, meta ambita perlopiù da ciclisti scalatori. Nonostante sia strada poco frequentata dai vicentini, questo remoto luogo della Val Posina è in grado di offrire bellezze naturali inaspettate e particolari, come alcune valli secondarie che si aprono sul lato ovest del Pasubio.
Giunti al valico (1207 m.), facciamo conoscenza con un alpino e la moglie, diretti per una giornata alcolica alla sottostante Malga, che ci forniscono preziosi (?) consigli per l'escursione.
Il sentiero sale fin da subito abbastanza ripido e con frequenti serpentine verso il crinale dei Sogli Bianchi. Il sentiero, ombreggiato ed immerso nel bosco, consente la visione di spettacolari vedute sulla sottostante Val Posina, vedute che si fanno maestose quando usciamo dal bosco prima di arrivare a lambire i pascoli intorno all' abbandonata Malga Costa (1835 m.), dove troviamo un intero gregge di pecore e asini (e relative “testimonianze” sul terreno...) che ci guardano curiosi. A questo punto si apre lo scenario sul massiccio vero e proprio: si vedono il Roite (2144 m.), il M. Buso (2080m.) e il Col Santo di dentro (2122 m.). Ne approfittiamo per un veloce spuntino, una discussione sul miglior salume “di montagna” e un'occhiata alla cartina.
Proseguiamo quindi con un percorso ondulato toccando località Sorgente (1828 m. ma neanche l'ombra di una goccia...) risalendo la sella tra M. Buso e Bisorte (1965 m.) ed infine immettendoci nella suggestiva Alpe Pozze.
Da Sella delle Pozze (1903 m.) il percorso si immette su una carrareccia adatta principalmente alle mountain bike (sebbene incrociamo una gloriosa jeep d'epoca) che dolcemente e con percorso regolare ci porta sino al rifugio V. Lancia (1815 m.).
A questo punto sembra doveroso soffermarsi sulla bellezza del luogo in cui è situato il rifugio: si tratta di un verdeggiante e vasto altipiano, a quota piuttosto elevata, arricchito da un folto bosco di abeti e circondato dalle principali vette del Pasubio che sembrano quasi “proteggerlo”.
Finalmente un buon pasto contribuisce ad attenuare la fatica fin qui svolta (controlliamo l'orologio, sono 4h che camminiamo!).
Un buon caffè e poi si riparte, con l'intenzione di cambiare itinerario per il ritorno, passando per la val Zuccaria e la val Gulva. Non possiamo però evitare di fare un pensierino alla sommità del Col Santo e così saliamo rapidamente dapprima alla Sella dei Col Santi (1985 m.) e poi al Col Santo stesso (2112 m.); questo monte possiede la singolarità di non essere una cima vera e propria, quanto piuttosto una spianata prativa, segnata da una croce, che permette uno stupendo panorama sull' Alpe Pozze e la val Terragnolo (e qui sottolineo come la foschia abbia impedito di avere una visuale ancora più ampia e maestosa). Da rimarcare come salendo il sentiero abbiamo trovato un terrificante esemplare di aspide comune (vipera) che io ho manco visto in realtà.
A questo punto il crepuscolo inizia ad avanzare e ci avventuriamo in discesa, optando per la Val Zuccaria, attraversata dalla strada delle malghe. Che dire, il percorso, tranquillo e rilassante, sembra però non finire mai, e soprattutto non perdere quota (per molti km stiamo sopra i 1700 m.); in compenso passiamo accanto a qualche malga, tutte ben tenute e tutte, dico tutte, dotate di pannelli fotovoltaici, particolare che ci fa capire di essere ancora in territorio trentino.
Finalmente ci addentriamo nel bosco vero e proprio, e iniziamo a perdere quota, ma ben presto ci rendiamo conto di come siano sottostimati i tempi per il ritorno, e solo dopo molto tempo arriviamo all'agognato Passo del Lucco (1400 m.), collegamento tra le valli Zuccaria e Gulva; in realtà ci domandiamo perchè venga definito passo, in quanto non lo è propriamente. In ogni caso, una ripida discesa ci porta nella val Gulva a quota 1087 m. A questo punto, le mie gambe si rifiutano di scendere ancora e sbagliando strada, conduco la comitiva, nella Val Gulva costeggiando il torrente. Pippo si accorge che qualcosa non va (il sentiero non è segnato e visibilmente in disuso) e torniamo sui nostri passi imprecando, per riprendere il segnavia 148.
Il sentiero in questa parte è pittoresco e ben tenuto, ma la fatica non riesce a farcelo gustare; l'ultimo tratto è in salita, da noi ben accetta dopo tanta discesa, ma che resta nelle gambe, mentre il Frn sembra aver ritrovato energie chissà come (sarà l' Epo ...).
Alla fine, giungiamo dopo molto peregrinare poco sotto il Passo della Borcola e relativa malga, dove è ancora in svolgimento una festa alpina a base di carni e vini rossi.
Guardiamo l' orologio: sono le 20.15... il sole è già calato oltre le montagne e il desinar c'attende: saliamo in macchina e lasciamo il Passo.

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