Autore: Pippo.
Sengio Alto - Sentiero di Arroccamen |
Carlone appare subito così così, infatti inizia subito a scusarsi perchè il giorno prima si è scottato al sole e non se la sente di venire.
A farla breve abbandoniamo l'ustionato e partiamo in due, io e il Dalla.
Sosta per l'acquisto di cibo a Magrè (di Schio) e poi via verso Valli del Pasubio, il Passo Pian delle Fugazze e infine l'Ossario del Pasubio termine della Sp 46.
Il piazzale dell'Ossario è aperto dalle ore 9.00 alle 18.30 ed il parcheggio è gratuito, c'è anche un bar annesso al Museo della Guerra.
Dopo una breve sosta caffè al bar attacchiamo, ormai sono le 10.00, il sentiero segnato col numero 15 che sale dal Rifugio Balasso e passa proprio davanti al cancello del piazzale per poi salire verso la strada del re.
Dal bosco si esce subito sulla strada che si segue ancora per un tratto finchè non si arriva a vedere il primo attacco di sentiero sulla destra.
L'attacco è molto ben segnalato dalle solite freccione biancorosse e indica il nostro sentiero come tracciato per escursionisti esperti.
Non ci facciamo intimidire e iniziamo la salita in un clima opprimente, infatti stiamo camminando all'interno di una nuvola di umidità che sale dalla Val Leogra, il calore è incredibile e sudiamo a fiumi.
La mulattiera dell'Emmele, costruita dai soldati italiani durante la prima guerra, sale per tornanti lungo il versante Est del Monte Cornetto e in una giornata limpida offre viste spettacolari, specialmente una volta saliti di quota quando la vegetazione si dirada e la stretta catena del Sengio Alto dà il meglio di sè mostrando il suo ambiente selvaggio e petroso.
Noi ci becchiamo tutta la fatica senza vedere il panorama.
Passato l'arrivo del Vaio Stretto (sentiero alpinistico che sale da Nord, non c'entra nulla con il nostro itinerario) alla Selletta dell'Emmele, la mulattiera diventa veramente splendida, inerpicandosi per brevi curve da cui si osservano i bastioni del Monte Pasubio fino a giungere alla Forcella del Cornetto (1825).
A questo punto deviando a destra per un tratto attrezzato con corda fissa (breve parete in salita non troppo difficile) si andrebbe a conquistare la vetta del Monte Cornetto (1899) ma noi restiamo fedeli al piano d'azione e svoltiamo a sinistra per un tratto in discesa tratteggiato da gallerie diroccate dal soffitto basso fino ad arrivare al Passo degli Onari (1772).
Da qui sarebbe possibile continuare ad aggirare il Cornetto arrivando alla Selletta di Nord-Ovest, noi invece proseguiamo verso Sud.
Inizia il vero e proprio sentiero di arroccamento dal quale godrete di splendide viste su entrambi i versanti (est e ovest) della catena se sarete tanto fortunati da non trovare (come noi) una giornata nebbiosa.
Scherzi a parte il sentiero è stretto e quasi sempre esposto su ripidi dirupi, spesso intagliato nella roccia, in gallerie strette o sostenuto da muretti a secco ma rimane veramente divertente e poco faticoso da percorrere nonostante i continui saliscendi.
Noi comunque ci fermiamo par mangiare in un'atmosfera soffocante ma con una discreta vista sui pascoli del versante Ovest.
Poco dopo essere ripartiti raggiungiamo la prima interruzione nel sentiero, una fenditura attrezzata con una doppia catena. Il Dalla rimane abbastanza impressionato e in sincerità anche io, faccio però finta di essere sicuro di me, giusto per non precipitare la siutuazione e butto lì una scenetta da uomo-ragno, metto i piedi sulla catena più bassa e le mani su quella alta provando ad attraversare (nel vuoto) come se fosse un ponte tibetano.
Le due catene però sono (almeno per me) troppo lasche e non mi permettono di muovermi, quindi torno indietro e ci ripenso.
Guardando con calma ci accorgiamo che lì sotto nel varco c'è un punto dove si può tranquillamente stare in piedi per poi risalire dalla parte opposta.
Ormai però io mi sono messo in testa di riprovare il numero da circo, quindi mi appendo di nuovo e stavolta tiro per bene verso l'esterno con le braccia.
A quel punto però i piedi oscillano verso l'interno mentre il busto va verso l'esterno; rischiando di rimanere attorcigliato tra le corde come un salme decido di mollare la presa coi piedi e di calarmi nel varco.
Una volta giù guardo di là, prendo una catena in ogni mano, punto i piedi, mi sollevo e in un secondo sono sul sentiero e l'interruzione è superata.
Il Dalla mi segue imitando i lati migliori della mia tecnica circense e ci facciamo una risata pensando a quanto semplice è stato passare alla fine.
Proseguiamo ormai pieni di arroganza e convinti che nulla ci può fermare finchè sul versante est dei Tre Apostoli troviamo la seconda interruzione.
Questa è cattiva perchè all'inizio sul muro c'è il santino di un signore morto...
La catena parte a livello del sentiero, ci si deve calare in basso mettendo il piede destro su un appiglio un po' sotto, da li si rientra verso la parete di roccia lanciando il sinistro per una buona estensione. Raggiunta la metà del passaggio il gioco è fatto e poco dopo si risale dall'altra parte senza problemi (vedere le foto).
Dopo pochissimo arriviamo al Passo del Baffelàn congiunzione coi sentieri che arrivano dal Boale del Baffelàn e dal versante ovest della catena, ci accorgiamo che si poteva evitare la seconda interruzione aggirando i Tre Apostoli via Ovest.
La salita a Forcella Baffelàn è molto bella e divertente ma anche molto esposta, fate attenzione anche a sassi in caduta nel caso di comitive numerose.
Dalla forcella si portebbe dare la scalata alla cima ma noi molliamo e iniziamo la discesa, subito incontrimo due gallerie di cui la seconda è veramente impressionante, è bassissima e un masso l'ha quasi ostruita, ci si passa a stento.
Il Passo delle Gane è ormai raggiunto e offre grandi vedute su tutta la catena e su entrambi i versanti. Da qui scendiamo per il lato est delle Ofre, delle Due Sorelle e della Sisilla arrivando a Campogrosso alle 15.00 circa.
Cinque ore di sauna seppur a passo turistico che ci hanno prosciugati, siamo bagnati e coperti di sale ma vivi.
Scendiamo dopo una breve sosta percorrendo di buon passo la Strada del Re e qui è provvidenziale la fontana a pochi passi dall'ossario che usiamo come una doccia per riprenderci un po' prima del Maxicono al bar.
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